Un anno irripetibile -1

Carlos de Beistegui – una vita Surrealista.

Venezia, settembre 1951. La guerra è finita da pochi anni, e con essa gli orrori e le inevitabili devastazioni che ogni guerra porta con se da che mondo è mondo. Nonostante le mille difficoltà la gente ha voglia di tornare a sognare: è vero che ci sono ancora fame e miseria ma c’è anche un desiderio fortissimo di tornare a vivere, di lasciarsi alle spalle i venti di guerra e pensare ad un futuro che è tutto da costruire.

Carlos de Bestegui, anni Trenta

Facciamo un piccolo passo indietro. Nel 1948 approda a Venezia un personaggio alquanto singolare: Carlos de Beistegui e Yturbe, per gli amici Charlie. Ha da poco passato la cinquantina, è nato e cresciuto in Francia, proviene da una famiglia di origine spagnola e messicana, e possiede alcune doti peculiari che lo rendono perfetto per Venezia: è coltissimo, è ricchissimo, è uno sfrenato collezionista d’arte, è conosciuto e venerato in tutta l’alta società internazionale, è eccentrico ma con un gusto raffinatissimo, ed ha un fiuto unico per stupire e creare meraviglia.

Nella Parigi dei primi anni ’30 del XX secolo Charlie strinse amicizie con il mondo dell’avanguardia artistica e culturale. Nel 1929 si fece costruire sui Champs-Élysées un grande attico progettato da Le Corbusier, e coronato da una spettacolare terrazza con vista sull’Arco di Trionfo, realizzata da Salvador Dalì in stile surrealista. Questo appartamento non era destinato ad essere abitato, ma a servire come cornice per feste. Gli interni, disegnati dallo stesso Beistegui e da Dalì, mescolavano caminetti rococò, mobili Napoleone III, lampadari veneziani e statue orientali, ed erano pensati per contrastare il rigore geometrico di Le Corbusier, dando l’impressione agli ospiti di essere immersi in una sorta di sogno surrealista. Questo stile segnò al tal punto la Parigi degli anni ’30 da ispirare al regista Jean Renoir, patron della Nouvelle Vague, le scenografie per alcuni sui film.    

Fig. 2 Attico sui Champs-Elysées – Fig.3 Scala di Le Corbusier

Fig. 4 Terrazza di Salvador Dalì – Fig.5 Allestimento Surrealista della terrazza

Charlie, da buon collezionista poliedrico, finisce presto per annoiarsi sia dell’attico che dello stile moderno. Nel 1938 acquista Château de Groussay a Montfort-l’Amaury, nei pressi di Parigi, trasformandolo in una sorta di “casa di famiglia” ideale. Prende a prestito dall’Italia, dalla Russia, dalla Francia e dall’Inghilterra gli stili del XIX secolo mescolandoli con un arte compositiva ed una cura dei dettagli paragonabili a quelle di un regista teatrale. Una certa nota di surrealismo gli rimase comunque appiccicata, e traspare nella Tenda Tartara allestita nel giardino del castello, una piccola follia voluta interamente in porcellana bianca ed azzurra. Nel 1946 il regista Christian Bérard si ispirò a questo castello per mettere in scena la pièce teatrale di Jean Cocteau “L’Aigle à deux têtes”.

Fig. 6 Chateau de Groussay – Figg.7-8 Interni del castello

Fig. 9 Tenda Tartara nel parco – Fig. 10 Interni in porcellana della Tenda Tartara

Durante la II Guerra Mondiale, grazie al suo passaporto diplomatico spagnolo (la Spagna rimase neutrale durante la guerra), il castello divenne una sorta di porto franco e di rifugio sicuro sia per molti amici che per altrettanti artisti che i nazisti avrebbero spedito volentieri nei lager.

Passata la tempesta della guerra il buon Charlie decise di lasciare per un tempo indefinito la Francia e, armato della sua variegata collezione d’arte, varcò le Alpi, scivolando solennemente sino al Canal Grande di Venezia. 

Quando un multimilionario arriva a Venezia, e decide di insediarvisi in pianta stabile, la prima cosa che fa è cercare una casa ad hoc. Carlos gironzola, controlla, ispeziona qua e là, ed alla fine sceglie quella che ritiene la dimora più adatta al suo “buen retiro”: Palazzo Labia, nel sestiere di Cannaregio, direttamente affacciato sul Canal Grande.

Fig. 11 Palazzo Labia

Bisogna dire che la scelta è ben motivata. Innanzitutto la famiglia che fece edificare il palazzo agli inizi del Settecento, i Labia, erano di origine spagnola. Secondo, erano famosi, anzi quasi leggendari, per le loro ricchezze. Terzo, erano altrettanto famosi per le leggerissime stravaganze, ovvero: organizzare sontuose cene, ed al termine del banchetto gettare dal balcone tutti i servizi da tavola in oro e argento al grido “che l’abia o non l’abia resterò sempre un Labia!” (Post scriptum: ovviamente giusto sotto il pelo dell’acqua erano tese delle robuste reti per raccogliere il tutto).

Grazie al loro stile vita assiro fortuna e mondanità ebbero fine nel corso dell’Ottocento, il palazzo fu venduto e passò di mano in mano, sino ad approdare in quelle visionarie del buon Charlie.  

Per il palazzo fu un vero colpo di fortuna: in men che non si dica Charlie diede inizio ad un intensa opera di restauro, riportando la splendida dimora ai fasti che l’avevano resa celebre nel corso del Settecento. Arazzi, sculture, oggetti d’antiquariato, mobili d’epoca e quant’altro la creatività ed il gusto di Charlie riuscissero a concepire fecero da cornice allo splendido ciclo di affreschi di Giambattista Tiepolo, dedicati ad Antonio e Cleopatra, che ornavano il salone d’onore disegnato da Antonio Massari. Nelle sale espose parte della sua prestigiosa quadreria, che vantava dipinti di Guido Reni, Annibale Caracci e Raffaello.

Figg. 11-13 Palazzo Labia, affreschi di Giambattista Tiepolo

Con ben sa ogni buon padrone di casa, una volta terminati i lavori, arriva il momento dell’inaugurazione, di solito con una festicciola riservata agli amici. Ovviamente Charlie aveva un concetto tutto suo riguardo ai termini “inaugurare” e “festicciola” riuniti nella stessa frase. Innanzitutto decise subito che sarebbe stata una festicciola in maschera, ed il nome scelto per la soirée fu “Bal Oriental”.

E qui finisce la storia ed inizia la leggenda. Ricordate che siamo nel 1951, la guerra è finita da poco e la voglia di ritornare a vivere e sognare è davvero tanta, ma proprio tanta. Se poi si ha un pozzo senza fondo di soldi, le conoscenze ed una fervida immaginazione il risultato può essere qualcosa di mai visto prima: ed in quel preciso momento Charlie possiede tutte e tre le doti.  

Un anno prima partì il tam-tam della preparazione e degli inviti. Possiamo tranquillamente affermare che, se la preparazione raggiunse vertici mirabolanti e lanciò carriere nel mondo della moda, per quel che riguardava gli inviti si trattò di una guerra vera a propria. Ma tutto questo ve lo racconterò nella seconda puntata.

Fausto Corini

fcorini68@gmail.com

Qui in link alla seconda parte (Un anno irripetibile 2)

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