
Cerco l’inaspettato. Cerco cose che non ho mai visto prima — Robert Mapplethorpe
Robert Mapplethorpe cercava l’inaspettato, ciò che ancora non era stato visto — e lo creava. Le sue immagini vanno ben oltre la semplice definizione di “fotografie”: sono opere che modellano i corpi scolpiti dalla luce con uno sguardo preciso e armonico, molto spesso provocatorio, in una maniera esplicita dove niente è lasciato all’immaginazione. Mapplethorpe cercava una perfezione e armonia dei corpi che è tipica della scultura classica, dove c’è spesso una tensione costante verso l’equilibrio formale e la bellezza assoluta. Principalmente lo cercava nei corpi maschili, più raramente nei corpi femminili, come nella culturista americana Lisa Lyon.
Le stanze della Fotografia a San Giorgio Maggiore a Venezia dedicano quest’anno una mostra al fotografo statunitense.
Non a caso, una sezione della mostra Robert Mapplethorpe. Le forme del classico, delle Stanze della Fotografia descrive suo rapporto visivo e concettuale con la scultura antica.
In questa edizione veneziana, Denis Curti — curatore della mostra e guida attenta negli anni passati — non ci ha accompagnato in presenza. Ma la sua visione non è mancata: l’abbiamo ritrovata nella sua voce, in un podcast pensato per introdurre e accompagnare il percorso espositivo. Una narrazione sobria e appassionata che ha restituito contesto, pensiero curatoriale e spunti di lettura, lasciando comunque allo spettatore uno spazio di riflessione personale.

Capitoli visivi tra corpi e natura
Oltre 250 opere — nudi maschili e femminili, ritratti di Patti Smith, Lisa Lyon, Andy Warhol, Susan Sontag — si ispirano spesso alla statuaria antica. Mapplethorpe non fotografa: modella. Ogni immagine sembra una scultura visiva, un esercizio di perfezione formale che non rinuncia mai all’intensità. Poi ci sono le foto iconiche delle celebrità e molti autoritratti.
La selezione veneziana, volutamente misurata, senza le foto che fecero scandalo, privilegia foto con corpi e pose meno esplicite rispetto ad altre esposizioni dell’artista. Una scelta curatoriale che non smorza la potenza delle immagini, ma la affida a una delicatezza più rarefatta, quasi sospesa. Il curatore accompagna lo spettatore in un percorso che lascia spazio al silenzio, alla contemplazione, alla possibilità di intuire più che vedere.
I giornali annunciano che a Milano, dove la mostra traslocherà prossimamente verranno aggiunte foto meno ‘misurate’ e più esplicite rispetto a quelle veneziane.

I miss you, I lost your number
ma conTra le sale, una cassettiera con un invito a non fotografare. Dentro, piccoli frammenti di vita: foglietti d’inaugurazione di mostre, effetti personali, e un biglietto scritto a mano. Dice: “I miss you. I lost your number”. Una frase semplice, quasi infantile, ma che colpisce. Perché è ovvia, banale persino, eppure almeno una volta è capitato a tutti di dirla — o di pensarla. Mi manchi, oppure di aver perso il numero di telefono di una persona appena incontrata, quando ancora si scrivevano a mano, su un foglio qualsiasi.
La mostra è anche un tentativo di restituire l’uomo dietro l’artista, dietro l’ossessione della perfezione formale dell’immagine: quello che ha amato, cercato e ricercato, dei suoi inizi come artista visuale, oppure il rapporto con Patti Smith, musa e compagna nei primi anni newyorkesi. Insieme hanno condiviso sogni, fame, arte e amore. Lei scriverà: “Sapevamo che, qualunque cosa accadesse, nessuno ci avrebbe mai amato come ci eravamo amati noi”.

Ciò che portiamo via dalla mostra
Uscendo dalle sale, si ha la sensazione di aver attraversato un luogo con visioni perfette e irreali. Non tanto per ciò che Mapplethorpe mostra, ma per come lo mostra: quella luce perfetta, quel gesto trattenuto, quel diaframma tra carne e marmo che si fonde nella fotografia.
Anche Patti Smith sarà a Venezia questa estate, canterà infatti il 7 luglio assieme al figlio, in piazza San Marco, nell’ambito del Festival della Bellezza.
Patti e Robert erano giovani pieni di sogni e senza soldi, ora sono entrambi famosi, Patti a quasi ottant’anni, è per molti un mito vivente della musica degli anni Settanta; Robert è scomparso troppo presto a quarantatré anni.
Venezia, luglio 2025
