
Da come vivremo assieme alle varie intelligenze per vivere assieme
Confesso di essere di parte: ho apprezzato la 17ª BIENNALE di Architettura del 2021 curata da Hashim Sarkis, How Will We Live Together?, più di qualsiasi altra edizione, ma la 19ma Biennale di architettura curata da Carlo Ratti rappresenta un nuovo modello di mostra, dove le voci selezionate dal curatore sono state scelte dopo una lunga call internazionale che ha visto emergere ben 750 persone attive in vari campi, non solo quello architettonico.
È stata definita una Biennale bulimica, perché 750 partecipanti non si erano mai visti prima (molti però sono studi composti da più persone) e perché 300 progetti presentati negli spazi Arsenale sono davvero tanti, ma il padiglione centrale dei Giardini è chiuso per restauri e il curatore non ha avuto altra scelta che concentrare tutti i progetti all’Arsenale.
Il curatore Carlo Ratti ha lanciato una raccolta di idee e ha selezionato proposte non solo di architetti, ma di ricercatori e creativi a 360 gradi. L’obiettivo? Proposte coerenti con il concetto di intelligenza—naturale, e collettiva—per aiutarci a vivere meglio, preservare le varie specie, adattarci all’ambiente attuale e affrontare le sfide future.

L’intelligenza come cura
Il primo spazio che si incontra all’Arsenale è probabilmente il mio preferito, quindi, se visiterete la Biennale con me, sappiate che ve lo mostrerò sicuramente.
Questo spazio espositivo è dedicato all’intelligenza naturale e, in un certo senso, alla cura: una sorta di guarigione dell’ambiente. Visitandolo, mi è venuta in mente la canzone di Franco Battiato, La cura:
E guarirai da tutte le malattie , perché sei un essere speciale, ed io avrò cura di te…
Avremmo dovuto prenderci cura del nostro pianeta. Ma sfruttamento indiscriminato, una visione miope delle risorse e uno stile di vita non sostenibile ci hanno portati a un punto critico: oggi non possiamo più curare l’ambiente, perché la crescita incontrollata della popolazione mondiale, l’inquinamento e il riscaldamento globale ci hanno condotti a un punto di non ritorno.
Ora dobbiamo trovare nuove strade – come sempre accade nei momenti di crisi-. Ce lo ricordano i progetti del primo spazio della Biennale. I progetti selezionati da Carlo Ratti esaminano le previsioni, spesso catastrofiche, legate al nostro ambiente. Non possiamo tornare indietro, sembra dirci Carlo Ratti, di conseguenza questi proposte mirano all’adattamento ai cambiamenti ambientali e climatici, ormai oggettivi. Come si sono adattate le altre specie viventi? Come si sono evolute?
Non voglio togliervi il piacere della scoperta…

Venezia al centro della Biennale
Il curatore aveva promesso di portare Venezia al centro del progetto come laboratorio e, in effetti, lo ha fatto. Per un veneziano, è la parte più coinvolgente della Biennale, perché Venezia c’è: sia quella del passato che quella di un possibile futuro ipotetico. Certo, si tratta solo di progetti, ma la delicatezza e il rispetto con cui la città viene presentata all’inizio della mostra dimostrano una grande sensibilità nei confronti di questa fragile città—così come i progetti esposti nella parte finale.
Un esempio? L’idea di produrre caffè dall’acqua della laguna—almeno per un veneziano- è un concetto piuttosto curioso, oppure le biciclette d’acqua, che hanno sorpreso molti, considerando che il moto ondoso sta letteralmente sgretolando la città.

Il pensiero di Carlo Ratti
In uno dei dialoghi con specialisti di varie discipline tenutosi all’ Arsenale, il curatore Carlo Ratti ha parlato delle sue scelte riguardo la Biennale e il suo rapporto con Venezia. Ho riassunto brevemente questo dialogo:
<<L’open call ha rappresentato una sfida per la quantità di informazioni da gestire, ma è stata una delle esperienze più gratificanti perché ha permesso di scoprire nuove voci e talenti da tutto il mondo. Questo evento riflette l’approccio della Biennale, che cerca di imparare dalla natura attraverso un processo di sperimentazione, proprio come Venezia, città fragile ma laboratorio ideale per affrontare le sfide globali, dal cambiamento climatico al turismo di massa. Il Mose è un esempio di soluzione dinamica per contrastare l’innalzamento del livello del mare, rendendo Venezia un modello unico. Infine, si riconosce che la storia procede con avanzamenti, ma talvolta il passato riaffiora e rimescola le carte>>.
In sintesi
La 19ª Mostra Internazionale di Architettura, curata da Carlo Ratti, affronta il tema Intelligens. Naturale. Artificiale. Collettiva con un approccio multidisciplinare, intrecciando urbanistica, filosofia e tecnologia. Attraverso installazioni e progetti che coinvolgono urbanisti, filosofi e innovatori, la Biennale 2025 offre spunti concreti su come la progettazione possa adattarsi ai cambiamenti globali e contribuire a un futuro più sostenibile. Ne risulta un’esposizione godibile e accessibile a un pubblico variegato, non solo per i professionisti del settore.

I Leoni della Biennale
– Leone d’Oro alla Carriera: assegnato alla filosofa Donna Haraway, nota per il suo Manifesto Cyborg.
– Leone Speciale alla Memoria: conferito postumo all’architetto Italo Rota.
– Leone d’Oro al progetto Canal Café di Diller Scofidio + Renfro -caffè con acqua di Laguna in collaborazione con lo chef Davide Oldani. La giuria ha motivato il premio:«Canal Café è una dimostrazione di come la città di Venezia possa fungere da laboratorio per immaginare nuovi modi di vivere sull’acqua, offrendo al contempo un contributo concreto allo spazio pubblico veneziano»
–Il Leone d’Oro per la miglior Partecipazione Nazionale va al Padiglione del Regno del Bahrain con Heatwave, che ci mostra una proposta per affrontare il calore estremo.
Venezia, maggio 2025
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