La Galleria degli Uffizi – gli autoritratti
Leopoldo de Medici, appassionato collezionista fiorentino, iniziò una raccolta di ritratti d’artisti costituita da circa 2000 opere che è la più antica e vasta al mondo di questo tipo.
Si tratta di dipinti, disegni, sculture che oggi appartengono al patrimonio del museo fiorentino delle Gallerie degli Uffizi. Una parte è stata recentemente inventariata in un monumentale catalogo e alcuni disegni sono stati esposti nella primavera del 2024. Le opere di questa raccolta attualmente visibili nel museo sono circa 255 divise in 12 sale, oltre a quelle che si trovano nei depositi.
Gli uomini illustri di Adriano Pedrosa.
L’autoritratto dell’ artista
Il paragone con gli autoritratti degli artisti esposti da Adriano Pedrosa alla Biennale di Venezia mi è venuto spontaneo in occasione della recente esposizione tenutasi degli Uffizi e dedicata ai disegni con gli autoritratti dei pittori, opere che per ragioni di conservazioni vengono esposte raramente.
L’autoritratto dell’artista è sempre un tema affascinante, ha a che fare con la percezione di sé, ci dice moltissimo di lui, del suo stile, delle influenze artistiche, anche della sua psicologia, di come si vede e rappresenta, è un tesoro di informazioni a saperlo leggere, ed è sempre interessante tessere legami e fare paragoni tra gli autoritratti degli artisti attraverso i secoli.
Ci si può chiedere cosa significava per un uomo del Cinquecento o del Seicento ritrarsi? Il ritratto poteva essere protagonista della tela o era meglio mascherarlo all’interno di una scena più vasta, magari vestendo gli abiti di un altro personaggio o dipingendosi come osservatore ? La storia dell’arte è florida di esempi e di racconti di questo tipo, ma il tema è vasto e merita un racconto separato.
I ritratti nel Novecento
Per questa 60ma Biennale Adriano Pedrosa ha invitato 114 artisti a esporre quadri con il tema del ritratto e dell’autoritratto, anche sarebbe più corretto dire che ha esposto e non invitato. La differente terminologia è dovuta al fatto che essendo in gran parte deceduti risultava piuttosto difficile invitare gli artisti. Ben 50 dei pittori che costituiscono il nucleo storico della Biennale sono nati nel diciannovesimo secolo, inoltre provengono da 70 paesi diversi, a riprova delle scelte singolari di Adriano Pedrosa.
Un po’ alla volta stiamo imparando a conoscerli tutti, chi per lavoro e studio frequenta molto la Biennale a fine esposizione si ricorda di tutti i 300 artisti.
Il museo del Novecento
Condizionato dagli spazi delle due sedi della Biennale, Giardini e Arsenale, il curatore della Biennale ha organizzato le sale storiche dei Giardini come un museo dei primi del Novecento con molti quadri (sono 300 gli artisti presenti nelle due sedi), appesi al muro su vari livelli con un ordine che non è cronologico, né per stile e apparentemente neppure per dimensioni, l’ordine si potrebbe definire geografico, da una parte ci sono alcuni artisti provenienti dall’Asia, dall’altra dall’America del Sud, anche se molte sono le presenze di artisti che non provengono da questi due continenti.
Apparentemente questo allestimento sembra non seguire nessuna regola tanto che mette in fondo ad una sala e poco visibili i due artisti più conosciuti: Frida Kahlo e il marito Diego Rivera. Nessun pittore viene messo in evidenza rispetto agli altri, nessun ritratto è più importante dell’altro, il visitatore è libero di soffermarsi con lo sguardo dove desidera. L’ esposizione è dichiaratamente da museo, il curatore dirige infatti il Museo di Arte Moderna di San Paolo, e finalmente i cartellini con nomi, date e biografie sono visibili.
Nelle esposizioni d’arte si tende sempre più a far risaltare l’allestimento scenografico a scapito della chiarezza di esposizione, con didascalie e nomi che spesso non si leggono o sono abilmente nascosti. Quella di Pedrosa è un’attenzione, non sempre ovvia, diretta al pubblico e anche una necessità, in questo caso, visto che si tratta di autori in gran parte sconosciuti in Europa o conosciuti solo da una minoranza di specialisti.
La biografia dell’ artista assume un ruolo importante, per poter dare ai visitatori gli strumenti minimi per comprendere l’opera che si osserva.
Se tutti assieme i ritratti sono una sorta di collage del Novecento artistico al di fuori del mondo occidentale, singolarmente si tratta invece di biografie e di storie totalmente diverse. Ecco ad esempio Maria Izquierdo, tra le prime pittrici messicane famose negli Stati Uniti o Ibrahim El Salahi, il piu rinomato pittore sudanese, oggi ultra novantenne, il cui stile è molto variato negli anni, e potremmo continuare a lungo con questi racconti.
Frida Kahlo, Diego e Io
Probabilmente la posizione defilata, lontana dall’ingresso della sala del piccolo quadro di Frida Kahlo, Diego y Yo, è stata scelta anche perché può garantire più facilmente la sua sicurezza. Infatti, a differenza di molti altri quadri esposti, non proviene da un museo, ma è un quadro di proprietà privata acquistato nel 2021 dal ricco collezionista argentino Eduardo Costantini per 35 milioni di dollari, assoluto record per un autoritratto dell’artista messicana. Il collezionista ha prestato anche altri quadri che si trovano inseriti in altre sezioni dell’esposizione, mentre ulteriori opere sono state prestate dal Museo di Arte latino Americana di Buenos Aires, voluto proprio da Eduardo Costantini e del cui comitato artistico consultivo Adriano Pedrosa fa parte.
Il sud del mondo
Gli autoritratti o semplicemente i ritratti di questa Biennale, Foreigners everywhere – Stranieri ovunque, sono di artisti che difficilmente vedremo ancora alla Biennale o in un’altra esposizione tutti assieme. Provengono dal Messico, dall’Indonesia, dal Sudafrica, dal Brasile, dall’India, dalla Cina, dalla Korea, dal Messico, dall’Afghanistan, da tutto ” il sud del mondo” ( Asia , Africa, centro e sud America, Oceania), come lo definisce Adriano Pedrosa e sono frutto di un grande lavoro di prestiti internazionali.
In fondo vien da chiedersi se Adriano Pedrosa non abbia voluto assumere il ruolo di ponte, un po’ come il vivacissimo coccodrillo-ponte dipinto dal collettivo Mathu sulla facciata del padiglione centrale, per unire più continenti storicamente e artisticamente molto lontani, attraverso la presentazione degli artisti più importanti.
Possiamo ipotizzare che tra due anni la Biennale sarà diversa e tornerà probabilmente ad essere rivolta più al presente che al passato, aspettiamo il toto-nome sul nuovo curatore, ma nel frattempo alcune cose sono cambiate. È cambiato il direttore della Biennale, Pietrangelo Buttafuoco, è cambiato pure il Ministro dei Beni Culturali, Alessandro Giuli, in un battito d’ali, tra l’apertura e la chiusura della Biennale e le scelte molto probabilmente cadranno su un curatore dal profilo diverso rispetto a quello attuale.
La Biennale di Venezia sarà visitabile fino al 25 novembre. Potete contattarmi per maggiori informazioni per la visita oppure continuare a seguirmi su questo blog.
Fiorella Pagotto
Venezia, settembre 2024